FDV è l’acronimo di Fully Diluted Valuation, ovvero valutazione completamente diluita: indica la capitalizzazione di mercato totale (total market cap) qualora tutti i token fossero in circolazione.

Una FDV elevata, rispetto alla market cap, può portare a una significativa inflazione dell’offerta e a una pressione lato vendita. In moltissimi progetti blockchain può succedere che l’asset abbia una FDV di molto maggiore della sua attuale capitalizzazione di mercato, il che non fa ben sperare sul lungo termine.
In altre parole, questi progetti hanno solo una piccola parte della loro offerta totale in circolazione a causa del vesting degli investitori, delle reward dell’ecosistema o degli airdrop pianificati che agiscono per aumentare notevolmente la loro offerta in circolazione (circulating supply) nel corso del tempo.
Nell’era 2014-2017, diverse criptovalute sono state invece lanciate con criteri molto più “conservativi” e hanno subito un’inflazione relativamente bassa nel tempo. Per esempio:
- Ethereum (ETH): nel luglio 2014, l’ICO di Ethereum ha raccolto circa 18,3 milioni di dollari in bitcoin. In totale sono stati venduti oltre 60 milioni di ETH, equivalenti a oltre l’80% della sua fornitura iniziale circolante. In 8 anni dal lancio l’offerta è quasi raddoppiata, il che può essere considerato un tasso di inflazione ragionevole (per gli standard odierni).
- Binance Coin (BNB): Binance Coin è stato uno degli investimenti più redditizi di sempre, fornendo ai partecipanti all’ICO fino a 3 milioni percento di profitto al suo picco. Nell’ICO di luglio 2017, Binance ha offerto un totale del 60% della fornitura di token (10% agli angel investor e 50% alla vendita pubblica). Binance ha raccolto 15 milioni di dollari, vendendo un totale di 60 milioni di BNB.
- Cardano (ADA): è stata una delle più grandi ICO di tutti i tempi, raccogliendo 62,2 milioni di dollari (a dicembre 2016) dalla vendita del 57,6% della fornitura di token. Il valore di ADA si è ora moltiplicato di centinaia di volte rispetto al suo prezzo ICO di 0,0024 dollari, arrivando ad oltre l’1,2 milioni percento di profitto (al picco).
Cosa hanno in comune tutti questi progetti (oltre ad essere piattaforme di smart contract)? Tutti hanno venduto una grossa fetta della loro offerta totale iniziale agli investitori, assicurandosi che l’inflazione non li avrebbe paralizzati in seguito.
Questa stessa tendenza si osserva in molti grandi progetti blockchain supportati da una ICO/IDO, tra cui The Graph, Elrond ed Enjin, ognuno dei quali ha venduto almeno 1/3 della sua offerta totale agli investitori e ha resistito con successo agli effetti negativi dell’inflazione.
Ciò è più raro al giorno d’oggi. La maggior parte dei nuovi progetti blockchain vende una piccola parte dell’offerta totale agli investitori e/o si basa su piani di vesting estremi, che vedono i token degli investitori sbloccati gradualmente nel tempo, con conseguente enorme inflazione dell’offerta e successivo crollo del valore.
Questo è il caso dei progetti che hanno una capitalizzazione di mercato iniziale molto bassa al momento della generazione dei token (Token Generation Event, o TGE). Questi progetti rilasciano quasi sempre una piccola parte della loro fornitura di token al momento del lancio, prima di gonfiarsi rapidamente nelle settimane e nei mesi a venire quando i token vengono sbloccati.
In questo momento, la stragrande maggioranza dei progetti blockchain lanciati di recente mira ad entrare nel mercato con una bassa capitalizzazione per renderli più attraenti agli occhi degli investitori. Ad esempio, potresti avere al lancio una market cap iniziale di 100.000 dollari ma una valutazione del progetto di 10 milioni, il che significa che gli investitori si aspettano un moltiplicatore 100x al TGE se questa valutazione misurasse accuratamente la domanda del mercato secondario.
Ma per sviluppare e commercializzare un prodotto di successo la maggior parte dei progetti deve raccogliere una somma importante, solitamente misurata in parecchi milioni di dollari. Per coniugare la raccolta notevole di fondi con una bassa market cap atta a stimolare la domanda del mercato secondario, i progetti di solito impongono rigidi piani di vesting agli investitori. Ciò porta inevitabilmente ad un’alta inflazione e pressione lato vendita, a meno che non sia associata a meccanismi di burning intelligenti.
Per questo motivo, è importante che gli investitori considerino la Fully Diluted Valuation (FDV) di un progetto prima di investire. La FDV è la sua capitalizzazione di mercato totale se tutti i token fossero in circolazione e viene calcolata in questo modo:
FDV = prezzo di mercato corrente * offerta totale (FDV = current market price * total supply).
Se questo valore è significativamente superiore alla sua attuale capitalizzazione di mercato e il progetto ha una tokenomics altamente inflazionistica, allora è probabile che la pressione lato vendita aumenterà notevolmente.
Sia chiaro, questa non è sempre una condanna a morte per il progetto. In rari casi, è possibile che la domanda lato acquisto compensi l’offerta di token in rapida crescita e il valore del token possa crescere. Ma è un caso assai raro.
Allo stesso modo, è un malinteso comune credere che i token non possano scendere al di sotto del prezzo più basso possibile che gli investitori hanno pagato durante i primi round di vendita (angel, seed o pre-sale).
A causa della mancanza di liquidità negli exchange decentralizzati, combinata con l’abbondanza di token “gratuiti” (ad esempio quelli provenienti da airdrop, giveaway e reward di varia natura) è molto probabile che anche i primi investitori perdano denaro entro la fine del loro vesting period.
Questi fattori dovrebbero sempre essere considerati quando si investe in qualsiasi progetto, in particolare quando è a lungo termine.